Il Partito Laburista, da Blair a Corbyn e oltre
Il Partito Laburista inglese è reduce da una sconfitta colossale alle ultime elezioni politiche del 12 dicembre 2019, che ha comportato la perdita di numerosi bastioni a nord dell’Inghilterra, il cosiddetto Red Wall.
Difficile capire come si sia arrivati da Tony Blair, una sinistra moderna e vincente, a posizioni di retroguardia come quelle di Corbyn.
Abbiamo allora chiesto a David Landon Cole, tutor di scienze politiche all’Università di York, nonche’ iscritto da diversi anni al Partito Laburista, di spiegarci gli ultimi vent’anni del laburismo britannico.
Cos’e successo ai blairiani e al New Labour?
Mi sono iscritto al partito laburista nel 2002, quando Tony Blair era leader del partito. Quando il partito vinse nel 1997 stavo appena cominciando a interessarmi alla politica. La vittoria fu schiacciante, con 179 seggi. Il primo effetto di tale vittoria fu che il Labour era tornato al potere dopo un lungo lasso di tempo, e quindi non aveva più molta esperienza. Nei primi quattro anni ha quindi commesso una serie di errori dal punto di vista legislativo: e quindi il secondo mandato è stato speso a cercare di rimediare a questi danni. Per farla breve, da un’esperienza trasformativa a una più manageriale.
Dunque, nella fase manageriale, il Labour aveva perso la scintilla del 1997, per poi restare segnato dalla guerra in Iraq, fino alla crisi economica del 2008. Si può comunque dire che il governo Brown, in modo particolare con Alistair Darling, allora Cancelliere dello Scacchiere, fece un buon lavoro nel breve termine. La Royal Bank of Scotland era a un passo dall’esaurire le riserve, ma il governo rese i fondi disponibili. Il problema fu che quindi ci si ritrovò con meno denaro a disposizione, tutti i governi allora al potere furono puniti all’indomani della crisi finanziaria.
Credo quindi che si tratti di una combinazione di fattori: perse le elezioni del 2010, la gente aveva pagato il prezzo della crisi, mentre lo zelo del 1997 era vaporizzato, lasciando il partito laburista in preda a un managerialismo ben poco interessante, ed essendo tutto cambiato, dopo un lungo periodo al potere (1997-2010), ci si cominciava a chiedere che cosa avremmo dovuto fare. I blairiani erano stati al potere per un lungo periodo, molti avevano perduto i loro seggi, altri erano andati in pensione, e inoltre il blairismo è molto figlio del suo tempo. Quando Blair era arrivato al potere le circostanze economiche erano assai favorevoli, con un’economia in crescita, si parlava già di cambiamento climatico ma senza i connotati tragici di adesso, la bassa disoccupazione e la bassa inflazione erano in parte è merito del governo, ma solo in parte.
Quindi, Ed Miliband fu eletto leader del partito, in quanto più a sinistra di Blair. Blair stesso cominciava a essere fatto oggetto di critiche in quanto non davvero di sinistra, piuttosto un centrista. Allo stesso tempo, in molti lasciarono il partito, altri andarono in pensione, e altri si iscrissero. È un processo naturale, ma anche frutto di un periodo in cui si cominciò a riflettere sulla propria esperienza di governo. Nello stesso momento, il partito cominciò a riflettere sulle opportunità sprecate, in parte quello che è avvenuto nel 2020. Poco prima delle elezioni del 1997 Paddy Ashdown, leader dei LibDem, stava cercando di formare una coalizione con Blair. Il partito laburista pensava di restare al potere cinque, forse dieci anni, non certo di vincere tre elezioni di fila.
Una delle paure peggiori del Labour era la sua pessima reputazione in materia economica. Quando il Labour aveva perso nel 1979, era da poco passato “l’inverno dello scontento”, mentre sotto Wilson la sterlina era stata svalutata. Quindi, il Labour si propose di mantenersi sui piani di spesa dei conservatori. Una volta assicurata una maggioranza schiacciante, il partito laburista cominciò a fare cose interessanti, quali rendere indipendente la Banca d’Inghilterra. Sembra che Brown avesse domandato al Tesoro la tempistica, a quanto sembra sei mesi, e che lui abbia invece preteso il tutto per il venerdì seguente. Col passare del tempo però Blair, e poi Brown, non fecero altro che mandare avanti la macchina governativa, niente New Deal, Sure Start, tutte novità del primo periodo. Semplicemente non si può continuare all’infinito con nuove iniziative.
Il Labour aveva promesso di essere fiscalmente responsabile e progressista dal punto di vista sociale, promuovendo tassi d’interesse bassi e una bassa inflazione. Negli anni Ottanta il tasso d’interesse aveva raggiunto il 20%, provocando molte sofferenze ai molti che dovevano pagare mutui. Quindi, il Labour volle mostrarsi competente e pulito- i Conservatori per contro erano logorati, anche da scandali che colpirono il governo Major, che nonostante la campagna “back to basics”, cioè ai valori tradizionali, vide diversi MP immischiati in scandali quali adulteri e prostituzione. Il Labour era arrivato con grandissimo zelo ed entusiasmo, vincendo inoltre nel 2001 e nel 2005, ma non con i numeri del 1997, perché’ l’entusiasmo era già scemato.
Blair ha commesso degli errori, quali affidarsi alle iniziative della finanza privata. Lo fece perché aveva promesso di mantenere un deficit basso. Pe un privato è più costoso prendere in prestito denaro rispetto allo stato, ma proprio per questo le cifre di denaro preso in prestito non andavano a incidere sul deficit nazionale. Se questo è stato un errore, è andata ancor peggio con la metro di Londra. Sono state fondate delle società per le infrastrutture e i lavori di manutenzione, che poi sono fallite. Di base, non si può cercare di ricavare profitti da una metropolitana, e tra l’altro la metro londinese è molto vecchia e con problemi molto specifici, ma il problema più grande era certamente quello di apparire simili a Callaghan e Wilson, ovvero un governo che spendeva senza alcun freno.
L’NHS, spesso definito “la cosa più simile a una religione di stato” non è mai stato pienamente nazionalizzato. I medici di base infatti sono ancora liberi professionisti che spesso fondano partnership tra di loro, ed è curioso che dal 1948 in poi nessuno se ne sia curato troppo. La gente pensa che siano dipendenti dell’NHS, ma non è proprio cosi.
Nel 1997 diversi ospedali e scuole furono costruiti rapidamente, un cambiamento in positivo immediato, anche questo attraverso il settore privato, e quindi senza sembrare economicamente folli.
Tra le altre cose, nel 1997, in vista delle elezioni, il Labour applicò una strategia comunicativa innovativa, ovvero quella di spedire VHS; arcaica se ci si pensa, ma all’epoca veramente di rottura.
Ad ogni modo il Labour avrebbe dovuto prepararsi nei tempi buoni in vista dei tempi cattivi in modo non dissimile dal concetto di virtù e fortuna in Machiavelli. Penso che questo valga per tutti i paesi, nessuno era davvero pronto alla crisi finanziaria: come nel Cigno Nero di Nassim Taleb, non credo che nessuno potesse prevedere la crisi.
All’epoca abbiamo dimostrato una certa hybris, ricordo Gordon Brown e il suo “abbiamo sconfitto il ciclo del boom economico e della bancarotta”, lo schema degli anni Ottanta, senza dimenticare l’indipendenza della Banca d’Inghilterra, i tassi d’interesse abbassati perché’ avrebbe reso più facile il pagamento dei mutui, ma alla fine si è trattato di circostanze economiche favorevoli. Forse avremmo dovuto essere più scettici nei confronti del mercato.
Un’altra questione importante è stata l’espansione della Comunità Europea. Abbiamo permesso a molti cittadini UE di trasferirsi nel Regno Unito senza nessun controllo, e questo ha causato un aumento improvviso dei residenti in determinate aree, e dal momento che il governo è molto lento e burocratico, ci è voluto molto prima che le amministrazioni locali ricevessero il denaro necessario per far fronte alla nuova situazione.
Per il mio dottorato, che riguarda l’opposizione ai movimenti di estrema destra, e ho intervistato diversi MP di alcune zone urbane relativamente degradate dell’Inghilterra. Mi hanno riferito di aver cercato di comunicare a Blair e Alistair Campbell attorno al 2003, 2004 e 2005, che non tutti i loro residenti stavano beneficiando un granché’ dagli ultimi sviluppi, ma invano. Il Labour stava cercando in tutti i modi di attirare la classe media, perché’ probabilmente non poteva fare altro. Solo adesso, dopo una ventina d’anni, ce ne rendiamo veramente conto, con Brexit e tutto il resto.
Wrexham, una città del nord del Galles, è andata ai conservatori per la prima volta alle ultime elezioni politiche. Dieci anni fa nessuno ci avrebbe mai scommesso, ma il Labour si è dimenticato delle classi lavoratrici.
Ora, bisogna anche dire che molto di ciò che il Labour sia andato a beneficio di coloro che sono alla base della piramide socioeconomica. Penso soprattutto ai tempi in cui abbiamo effettuato una devolution a favore del Galles, della Scozia, dell’Irlanda del Nord e di Londra. Ora, Londra è una città meravigliosa, ma è un posto completamente diverso dall’Inghilterra, che invece non ha beneficiato di alcuna devolution. Già allora si pensava a coloro che esprimessero sentimenti nazionalisti come a dei razzisti, o individui discutibili. Ora, certamente parte di questo rimanda al fenomeno degli hooligan negli anni Ottanta, ma il Labour era anche un progetto d’élite, che quindi considerava queste persone arretrate, e questo sicuramente non ha aiutato. Tutti questi processi ovviamente richiedono tempo, avremmo forse potuto prevedere quello che sarebbe avvenuto, nel 1997 o nel 2010?
Si parla spesso di un parlamento inglese, e capisco bene il perché di una rappresentanza politica per una nazione. Ipotizziamo che nel futuro la Scozia e l’Irlanda del Nord siano diventate indipendenti, lasciando quindi soltanto Inghilterra e Galles. Il Galles ha il suo parlamento: questo significa concederne uno anche all’Inghilterra? Dal punto di vista amministrativo sembrerebbe molto strano, perché’ lo Stato sarebbe ancora molto centralizzato. Credo però che si possa sostenere un più ampio governo regionale dell’Inghilterra, dal momento che abbiamo quattro livelli di governo municipale senza nessun raccordo, e spesso sovrapposti. Si finisce spesso col rivolgersi ai deputati, che hanno già molte questioni da affrontare a livello nazionale, mentre anche solo la comunicazione con i cittadini è particolarmente lenta, specialmente in Inghilterra.
Ma allora come siamo arrivati a Jeremy Corbyn?
Sarò molto diretto: non mi piace Jeremy Corbyn, non mi piace l’effetto che ha avuto sul partito Laburista, e purtroppo non mi piacciono neppure molte delle persone entrate nel partito con lui.
Torniamo indietro all’indomani delle elezioni perse da Ed Miliband. Harriet Harman è leader del partito, ed era stata leader della Camera dei Comuni sotto Blair – anche se non poteva proprio dirsi una blairiana. In quel momento, i conservatori stavano passando una riforma del welfare. Il Labour al momento non voleva mostrarsi come dedito a una spesa incontrollata, e quindi scelse di astenersi invece che votare contro. Ma ecco l’elezione del leader, ed ecco arrivare Jeremy Corbyn- un deputato di cui al momento nessuno sapeva molto: era un backbencher sconosciuto ai più. Iniziò esprimendo un netto rifiuto della riforma, e quindi si pose come una persona davvero di sinistra, un laburista autentico. Inoltre era si era pubblicamente opposto alla guerra in Iraq. Era iniziata una sorta di “corbynmania”: avevamo provato a spostarci più a sinistra con Ed Miliband e non aveva funzionato, quindi gli elettori avevano preferito qualcuno che all’apparenza sembrava più autenticamente laburista.
Ora, io credo che Jeremy Corbyn sia molto più comunista che non laburista. Bisogna sottolineare che il Partito Laburista non è un partito comunista. Il 1945 di solito è presentato come il grande momento del laburismo, sotto Atlee abbiamo fondato l’NHS, e anche la NATO. Il ministro degli esteri di allora, Ernest Bevin, credeva che il patto atlantico dovesse essere contro i comunisti. Credo che siano successe due cose all’arrivo di Corbyn: egli è assurto al potere senza davvero essere stato esaminato (normalmente si passano in rassegna affermazioni e frequentazioni di un candidato), ma purtroppo le notizie sono trapelate solo molto avanti. Secondo il vecchio sistema bisognava essere nominati dagli MP. All’epoca si era convinti che anche la sinistra del partito avesse diritto a un proprio rappresentante. La deputata Margaret Beckett più tardi ha ammesso che nominare Corbyn è stato il più grave errore della sua vita politica.
Non credo che non esista un vero corbynismo, piuttosto l’ideologia di Corbyn è un nuovo “bennismo” (da Tony Benn negli anni Ottanta), ovvero controllo statale dell’economia e spirito antioccidentale. Molte delle posizioni di Corbyn non sono pacifiste, ma solo antioccidentali e antiimperialiste, ed ecco perché’ a suo parere chiunque sia antiimperialista è accettabile, come Hezbollah e altri.
Nel periodo degli scontri in Irlanda del Nord, l’IRA cercò di assassinare Margaret Thatcher: la moglie di Norman Tebbit finì sulla sedia a rotelle. Ora, qualsiasi cosa si pensi di Margaret Thatcher, assassinare il primo ministro non è accettabile. Due settimane dopo, Corbyn invitò dei componenti dell’IRA in Camera dei Comuni per un tè sulla terrazza. Ora, la narrazione emersa è che stesse cercando di lavorare per la pace in Irlanda del Nord, ma c’erano altri partiti a cui avrebbe potuto rivolgersi, il Labour in Irlanda del Nord, lo SDOP, ma non lo ha fatto, ha preferito Sinn Fein in quanto antiimperialista.
Esiste un EDM (Early Day Motion), firmato a metà degli anni duemila da Jeremy Corbyn, in cui si loda un film di John Pilger in cui si dice che il genocidio in Kosovo non sia mai avvenuto. Credo invece che intervenire in Kosovo e in Sierra Leone fosse davvero la cosa giusta.
Quindi, Corbyn è stato sostenuto come leader dal gruppo Momentum (che formalmente non fa parte del partito laburista): che ci piaccia o meno è stato molte efficiente nella mobilitazione. Allo stesso momento, molte persone con convinzioni politiche simile a quelle del labour anni Ottanta cominciarono a riapparire.
E quindi si riaffermano le politiche di estrema sinistra, e allo stesso tempo, nel Partito Laburista, si riafferma una “identity protective coalition”. Con il crescente entusiasmo nei confronti di Corbyn, cominciarono a uscire fuori notizie sulle sue frequentazioni con Hamas, e che sia veramente antisemita o meno, esistono una serie di affermazioni discutibili e persone poco raccomandabili che ha frequentato, ma essendo l’identità politica di molti cosi legata Jeremy Corbyn, chiunque osi criticarlo è in errore, oppure lo sta facendo per rovesciarlo. Insomma, chi si oppone a Jeremy Corbyn lo fa perché lo teme.
Ai media il Partito Laburista non piace: Tony Blair fu descritto come “l’uomo più pericoloso della Gran Bretagna”. In una famosa copertina, The Sun raffigurò Neil Kinnock all’interno di una lampadina con un titolo “se quest’uomo dovesse vincere, l’ultima persona a lasciare il Regno Unito spenga per favore la luce”. Anche Corbyn è stato molto criticato, ma c’è da aspettarselo quando si è leader del Partito Laburista.
C’è molto da criticare a Sharon o Netanyahu, ma ho qualche problema con chi ammette il diritto di uno stato per tutti tranne che per gli ebrei. Esiste infatti una differenza tra criticare il governo israeliano e affermare che Israele non debba esistere. Al tempo dell’apartheid, si desiderava tutti un cambiamento di rotta in Sudafrica, ma nessuno ha affermato la necessità di abolire il Sudafrica stesso. Il problema è che la gente si è così indissolubilmente legata a Corbyn che chiunque voglia sfidarlo, non solo è in errore, ma ha anche cattive intenzioni.
Per quanto riguarda le politiche proposte da Corbyn, ha affermato di voler rinazionalizzare i treni e di spendere 58 miliardi in pensioni, e fornire a tutti libero accesso a internet. Il manifesto del 2017 era popolare, ma quello del 2019 era diverso. Molti dicono “abbiamo quasi vinto” nel 2017, ma non è così. E poi è arrivata la catastrofe del 2019. La gente ha cominciato a capire che le cose erano fondamentalmente cambiate. Ho sentito dire spesso che il corbynismo è coerente, solo difficile da attuare, ma in realtà credo che sia incoerente. Io stesso vorrei una società con maggiore redistribuzione e livelli più alti di tassazione, ma continuerei a volere una società capitalista, con Norvegia, Svezia e Finlandia come esempi diretti. Ma ritornando sulla proposta della nazionalizzazione di Internet, l’intenzione era duplice: nazionalizzare Openreach (il network digitale della BT), e la seconda di fornire un accesso universale a internet. Se nazionalizzare Openreach non è una così cattiva idea, ci sono altre cose che prometterei prima di internet.
Sotto Corbyn ci sono stati molti nuovi iscritti, altri sono diventati inattivi, e non so se le cose cambieranno, ma lo spero. Abbiamo avuto numerosi problemi con procedure non rispettate e con l’antisemitismo, con alcune fazioni che hanno semplicemente messo a tacere le voci critiche, una cosa inaudita. È ancora in corso l’indagine della Human Rights Commission. Hanno risposto “accoglieremo le raccomandazioni della ECHR”, senza tener conto che si tratta di un’indagine che non lascia spazio a scelte, pena lo scioglimento del partito. Non si comprende la gravità della situazione. La ECHR è stata fondata dallo stesso partito laburista. Ora è preoccupante che il partito venga seguito ciecamente.
Per concludere con una nota positiva (almeno spero), quali sono oggi le prospettive per il partito laburista?
Sostengo la candidatura di Lisa Nandy come leader del partito, credo che sia la persona che comprende meglio il pericolo di disconnettersi dalla base elettorale, ma non credo che vincerà.
Credo inoltre che sarà difficile vincere nel 2024, il Partito Laburista dovrà lavorare duro per ridiventare un’organizzazione rispettabile. Ora, negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a un processo di devolution, e penso che un uomo come Andy Burnham potrebbe godere di maggiori poteri come sindaco di Manchester, per poter continuare il suo eccellente lavoro per i senzatetto.
Inoltre, l’edilizia e i trasporti sarebbero due ottimi settori su cui il partito potrebbe lavorare, per migliorare concretamente la vita delle persone e riguadagnarne la fiducia.
Ma non abbiamo parlato di Brexit. In un certo senso, è conclusa: abbiamo preso la nostra decisione, e il Labour non avrà nessuna voce in capitolo riguardo le negoziazioni con la UE. Brexit è stato il fattore determinante della sconfitta del 2019, il problema che ha cristallizzato la disconnessione del partito dalla sua tradizionale base elettorale. Quel che il Labour avrebbe dovuto fare è ammettere che Brexit era ormai avviata, ma al contempo affermare che la modalità in cui il governo intende negoziare danneggerà il paese economicamente. Le elezioni del 2019 sono state un disastro, non importa quanto si dica che le politiche di Corbyn fossero popolari, ma possiamo dire che sono una sorta di azzeramento da cui il Partito Laburista può ricominciare a pensare al perché della propria esistenza.
Spero che questo produca un partito in maggiore contatto con la realtà e con coloro che dovrebbe rappresentare. A un certo punto, dovrà pur rivincere le elezioni. Non credo che la campagna elettorale di Boris Johnson sia stata un granché’, è come se si fosse limitato a sedersi, a dire “realizziamo Brexit” e guardare il partito laburista implodere. Anche nel 2017, quando abbiamo “quasi vinto” (ma non abbiamo vinto in realtà) la campagna elettorale di Theresa May è stata tremenda. La riforma principale era stata soprannominata la “death tax” ovvero la tassa sulla morte. Ed è riuscita a vincere nonostante tutto.
Un altro fattore da considerare è il declino della socialdemocrazia in tutta Europa, dal PD in Italia, fino al PSOE in Spagna e il Parti Socialiste francese che praticamente non esiste più. Per citare Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.”